Lettera a Marco Emilio Lepido

Allora, Fulminatti ha detto alla radio che hai spianato quella via, e io lo so che sei andato a spianare una via da Piacenza a Rimini, perché non ci cavavi niente da quella campagna sull’Appennino, che quei montani lì ti facevano amatire e esaurire, anche. Allora hai spianato una via dritta come un fuso, e l’hai chiamata Emilia, in tuo onore, e si capisce. E hai spianato sta via lungo una pianura che poi l’hai chiamata Emilia, anche la Pianura. E va bene. E hai fatto tutte quelle faccende lì, alla guida di una legione, che neanche da dire, si chiamava Emilia.

Lo sai te chi mi sembri, Lepido? Te mi sembra un po’ come Bunga dei Verduga, che girava per il paese con un vaso e dentro ci teneva un verme e l’aveva chiamato Bunga, il verme. E a casa, c’aveva una gatta, vecchia trita, che lui aveva chiamato Bunga. E una volta, era andato al mercato a Villa e si era comprato un canarino, e l’aveva chiamato Bunga.

Ecco, te bello il mio Emilio Lepido, per via di fantasia con i nomi, mi dai un po’ da rasemiare a Bunga.

Antazzardar (Lettura)