La morta in spalla

Davanti al bar Lago tutti si voltavano incuriositi. Gatlone con quel fagozzo umano in spalla scendeva giù dal Costolo, il bastone puntato avanti per aiutarsi, soffiava e sudava reggendo con una mano i polsi della donnina intrecciati attorno al collo. Pilicchia lo seguiva facendo finta di niente.

Dalla bottega in piazza saltò fuori Bertinello “Io popolo!” Smanganava mentre attraversava la piazza per raggiungere i due “Cosa state combinando?!”

“Vado dal barbiere” Disse Gatlone.

“E quella lì?” Bertinello indicò la donna inspallata come uno zaino.

“E’ la morta.” Intervenne Pilicchia “Quella che hanno trovato ai lavatoi.”

“E la portate dal barbiere?” Spalancò la bocca Bertinello.

“Si capisce.” Affermò in tono rassicurante Gatlone “Io devo farmi la barba e i capelli per domani.”

“Corea è andato a chiamare i carabinieri da Montecagno.” Spiegò Pilicchia indicando l’altro versante della vallata “Non potevamo mica lasciarla là, alla ranza del Sole, da sola.”

“Io popolo,” Scrollò la testa Bertinello “Voialtri siete matti.” Ululò andandosene.

Gatlone infilò a fatica la scala che conduceva a casa del barbiere.

“Vuoi una mano?!” Gridò Lavandin che era seduto sul muretto davanti il campanile e da lì aveva seguito tutta la vicenda.

“Mi aiuta Pilicchia.” Soffiò Gatlone.

(Armadgat- Romanzo breve)