
25 Ott Bunga e Taioli
Bunga, tutti i giorni, dopo essere passato dal bar e prima di prendere la corriera per tornare a casa, era solito andare a trovare Taioli.
Quel giorno, Bunga salì i gradini della casa e bussò. Taioli spalancò la porta come dovesse scardinarla, guardò l’uomo allampanato e gli fece segno di entrare, indicò una sedia e poi prese a camminare avanti e indietro per la cucina.
“Vieni dentro Bunga. Dentro, che adesso te la spiego. Perché, qui sembra che tutte ste cose me le tiro addosso io, ma non è mica così vè? Io sarei anche uno che se fosse per me starei anche quasi sempre in casa, ma vigliacca miseria, tutte a me. Sai che l’altra sera, mercoledì, mi sembra, in teatro han proiettato quel film? Quello sulla seconda guerra mondiale e i partigiani in Appennino. Proprio quello lì, adesso non mi riviene il titolo. Neanche a te? No, eh? Bè, comunque hai capito. Allora ero qua e mi sono detto, ma sì dai, fino in teatro ci vado, un film, magari è anche bello.
Allora sono andato su, pian piano, che sai con queste gambe come tribolo. Era anche presto quando sono arrivato e c’era poca gente, così mi sono seduto in prima fila sotto il palco e ho steso bene le gambe. E poi è arrivata la gente ed è iniziato il film, non so se l’hai visto, l’hai visto? No? Bè, insomma, via, non era poi mica granchè. Va bene che hanno fatto tutto a basso costo e con persone prese qua intorno, mica dei professionisti. Però a me, la storia, forse troppa violenza, era poi un film sulla guerra, ce l’hanno dovuta mettere per forza la violenza. Te cosa dici? Eh, mi sembra anche a me. Vabè, finito il film accese le luci, io ero lì lì per alzarmi e tornare a casa, ecco che sul palco portano un tavolo e delle seggiole. Poi va su il regista, e so quanti qua del paese che hanno fatto le comparse nel film. E attaccano a parlare.
Un cineforum, preciso, c’era poi scritto anche sulla locandina, a riguardarci, è che io non ci avevo fatto caso. Ah sì, mi credevo anche io fossero interessanti i cineforum, e difatti all’inizio hanno parlato un pezzo della del film, di quanto hanno tribolato a farlo, e così via. Poi si sono messi a discutere del messaggio del film. Che già lì, io, il regista non la faceva più finita e mi sa che ogni tanto mi sono anche appisolato. Erano poi già le undici passate. Te vai a letto tardi Bunga? Sì? No? Io presto, delle volte anche alle otto e mezza, ti lascio dire, più delle undici…
Comunque, parla che ti parla, hanno chiesto se in sala qualcuno volesse fare delle domande, se qualcuno avesse qualcosa da dire, tutti zitti, allora uno di quelli che hanno fatto le comparse punta un dito e dice Taioli! Te cosa ne pensi? Eh, te Bunga ridi, ma guarda che è un destino di merda. Io, in quel momento lì, forse sonnecchiavo, perché proprio non avevo idea di cosa stessero ragionando nello specifico. Ah! Ho detto drizzandomi nella poltroncina, Non c’ho mica un gran da dire. E speravo fosse chiusa lì. E dai Taioli! Ha insistito sempre quello. Riguardo le prospettive del film, il messaggio, in un’ottica di possibili conflitti futuri, anche. Allora, per dire qualcosa, tu capisci Bunga, ho detto Ah! Per il futuro bisogna che sentite Ginasio. Lo conosci Ginasio Bunga? Sì che lo conosci, dai, che dicono indovina il futuro quando dorme appoggiato a quel ciliegio, lì, dove ci chiamano Via Russia. Ginasio, bè se non lo conosci è poi uguale.
Allora io a quelli del cinema gli ho detto di rivolgersi a lui, ma l’ho detto per fare una battuta! Vacca miseria. E infatti, appena l’ho detto, stavo per scoppiare a ridere. Ma intorno, intorno e sul palco, c’è venuto un silenzio, da preoccuparsi. E il regista si è piegato e ha sussurrato qualcosa nell’orecchio di quell’altro, quello che aveva fatto la comparsa e mi aveva interpellato, gli avrà chiesto: chi è sto Ginasio?
Cosa vuoi che sappia il regista che viene da chissà dove, di Ginasio e di tutte le sue manzate. Te non ci crederai, ma quello lì, la comparsa che mi aveva tirato in ballo si alza e fa: Qua! Bisogna chiamare Ginasio! E uno dal pubblico ha gridato: Non ce l’ha il telefono Ginasio! E un altro che si era già alzato in piedi: Di sta stagione si ferma anche due tre giorni alla baracca su, al taglio, sopra Arna Vecchia! E un altro ancora, già andava su per le scale: Mi faccio dare la Jeep da mio cognato e andiamo su! E tutti sono scesi dal palco. E poi, per dirtela tutta, io mi sono alzato per uscire, e così tutte le altre persone. Non mi sembrava vero un lavoro del genere. Vabè, forse te non conosci Ginasio, lo conosci? Fa niente, puoi capire che era una cosa, non saprei neanche come spiegarla. Adesso lo capisci il dramma che sto vivendo? Lo capisci Bunga che è meglio stare in casa che andar in giro succedono solo dei malestri? Lo sai cosa ti dico Bunga? Che delle volte, aver niente da dire è fin peggio.
Via che adesso metto su un caffè che mi viene da rincrescere a ripensarci.”
(Viene sera a casa di tutti -Romanzo in via di sortizione-)