Furia esapode

Le ultime fette di una patata scivolarono nella padella e sfrigolarono. Il cane sollevò un orecchio dalla sua postazione accanto la stufa, ringhiò appena, la zampa poggiata sulla testa del roditore, l’uomo si mise in allerta, mosse gli occhi verso la porta e ascoltò. Ci fu un boato sordo, come di aria compressa che preme per trovare una via di fuga, un altro tonfo, la porta cigolò cedendo, tre guardie della pattuglia Vilimento apparvero in casa, le fruste neurali strette in mano, le tute aderenti color grigio, i caschi neri.

“A terra.” Comandò il Caposquadra della pattuglia.

Casteggna ristette un momento, con cautela depose la padella sulla stufa.

“A terra!” Gridò il Caposquadra.

Casteggna fece due passi indietro, si inginocchiò con una smorfia, si sdraiò sulla pancia, le mani incrociate dietro la nuca.

Il cane ringhiò deciso “Finiscila,” sibilò Casteggna “non fategli del male.” Disse rivolto alle guardie. I due mossero a un cenno del Caposquadra, spalancarono i cassetti del mobile lanciando tutto all’aria, fogli per lo più, una guardia sparì lungo il corridoio diretto alla camera da letto, poco dopo giunsero rumori di mobili sfasciati. La seconda guardia aprì la porta della veranda, notò il sacco deposto in un angolo, sfilò un coltello dello stivale e lo squarciò.

“Cos’è quella roba?” Chiese il Caposquadra affacciato sulla porta della veranda.

“Ferraglia.” Rispose Casteggna con il mento a terra.

(Furia esapode- racconto)